Solitamente, si immagina una cartina linguistica come una tavolozza di colori ben distinti gli uni dagli altri. Anche coloro che padroneggiano più di una lingua, se non dotati di uno spirito di osservazione e analisi che va ben al di là della dimensione acustica e formale, spesso non si rendono conto dei profondi rapporti di influenza reciproca che i sistemi linguistici intrattengono tra loro.

A metterci al corrente di tutto ciò ci pensano i linguisti: indagando la struttura invisibile delle lingue, spesso raggiungono risultati sorprendenti che ci permettono di comprendere come la mente umana sia stata in grado di appropriarsi del reale tramite l’elaborazione di un sistema tanto sofisticato qual è la lingua. Ora, non è una novità che sistemi linguistici in contatto possano sviluppare tendenze convergenti: la linguistica areale ci dice proprio questo, offrendoci gli strumenti per stabilire se due o più popoli che condividono uno spazio “frequentandosi” per un periodo di tempo più o meno lungo possano finire per “assomigliarsi” anche dal punto di vista linguistico.

Ovviamente, perché una data area linguistica abbia una rilevanza scientifica, è necessario scartare quegli insiemi di lingue che presentano un certo numero di affinità dovute a parentela genetica; anzi, è proprio dalla registrazione di tratti linguistici simili in sistemi linguistici non imparentati che la teoria dell’area linguistica ha inizio.

Uno degli esempi più eclatanti di area linguistica è ovviamente la nostra Europa, un crogiolo di culture e di lingue fin dall’alba dei tempi. Alcune ricerche di linguistica tipologica hanno, infatti, rilevato una convergenza tra le lingue europee, inspiegabile ricorrendo alla ben più nota classificazione genetica. Un’analisi accurata al centro del progetto EUROTYP – Typology of Languages in Europe promosso dall’European Sciences Foundation, ha rilevato che le lingue parlate oggi e nel passato in Europa centro-occidentale hanno sviluppato tratti peculiari simili. In particolare, sono state individuate con fondamento scientifico alcune convergenze linguistiche tutt’altro che trascurabili tra il neerlandese (lingua germanica, Paesi Bassi e Belgio), il tedesco (lingua germanica) e alcune lingue gallo-romanze (tra cui il francese e i dialetti dell’Italia settentrionale). Come il nostro lettore attento potrà notare, questi gruppi linguistici si concentrano in un’area ben definita, successivamente ribattezzata “area linguistica di Carlo Magno”. La denominazione ovviamente non è casuale: si ritiene che la politica accentratrice dell’imperatore franco sia stato uno dei motori storici e culturali che abbia avviato tale processo linguistico, che si è poi espletato in modo indipendente non solo sul piano più superficiale del lessico, ma anche in quello più profondo della sintassi e della morfologia derivazionale.

Senza scendere troppo nel dettaglio, alcuni dei tratti in cui i ricercatori hanno individuato affinità strutturali sono per esempio:

• Perfetto con avere (gli esempi seguenti mostrano affinità di forma, non di uso). Eccone alcuni esempi:
o ITA – Lucia ha mangiato
o ING – John has done (John ha fatto)
o NOR – Jeg har lest (io ho letto)

• Affissi di persona come indicatori di accordo rigido col soggetto. Per esempio:
o ITA (Io) gioc-o; (noi) gioch-iamo
o TED (Ich) spiel-e; (Wir) spiel-en
o FRA (je) jou-e; (nous) jou-ons

• la presenza simultanea di articoli indefiniti e definiti. Questo punto merita una precisazione: noi europei siamo convinti che tutte le lingue storico-naturali possiedano articoli; tuttavia, le statistiche lo smentiscono categoricamente. In realtà, su un campione di 400 lingue, solo 31 hanno sviluppato sia l’articolo definito che quello indefinito e 21 di queste si parlano in Europa (ricordiamo che il latino, da cui si sono originate le lingue romanze, non possedeva articoli);

• un lessico colto comune di origine latina o greca e una strategia comune per la formazione di parole nuove ricorrendo ad affissi di matrice classica, sicuramente dovuti ai macro riferimenti culturali comuni;
Es. Dal greco φιλοσοφία, philosophia, composto di φιλεῖν (phileîn), “amare” e σοφία (sophía) “sapienza”
o ITA, POR, filosofia
o FRA, TED, philosophie
o ING philosophy
o SLO Filozofija
o OLA filosofie

Scorrendo velocemente le caratteristiche appena elencate, che tuttavia rappresentano solo una parte dei tratti linguistici comuni riscontrati, il lettore potrebbe obiettare che essi non sono delle prerogative delle lingue sviluppatesi in Europa centro-orientale. Ovviamente, gli studiosi in questione hanno una valida spiegazione: i sistemi linguistici europei si dispongono, infatti, su una linea immaginaria di prossimità allo Standard Average European (SAE) , il tipo linguistico osservato dallo statunitense Benjamin Lee Whorf a cui si possono ascrivere le lingue europee centro-orientali; semplificando il tutto, l’area di Carlo Magno comprende le lingue europee, del presente e del passato, che condividono la totalità dei tratti linguistici classificati dall’European Science Foundation; allontanandosi dall’area, si verifica una progressiva riduzione dell’incidenza dei tratti tipici del SAE nei sistemi linguistici parlati in zone periferiche rispetto al centro originario di irradiazione.

Un’altra area linguistica riconosciuta a cavallo tra Europa e Asia è l’area dei Balcani, che raggruppa lingue come il neogreco, l’albanese (tutt’oggi ancora considerate lingue isolate), il rumeno (lingua romanza o neolatina, come l’italiano), il turco (lingua altaica, come il mancese), l’ungherese (lingua uralica, come il finlandese, il samoiedo e il lappone) e alcune lingue slave, come il serbo-croato, lo sloveno, il bulgaro e il macedone. È importante sottolineare l’appartenenza a differenti famiglie linguistiche per mostrare come le affinità riscontrate tra esse siano il frutto di convergenze dovute a una convivenza secolare (pacifica e non) dei gruppi linguistici in questione.
Gli studi citati, risultati dell’applicazione di parametri di natura tipologica, mostrano come le lingue, quali organismi in continuo divenire, non si modifichino solo in virtù di proprietà intralinguistiche (tra cui l’economia, caratteristica di tutte le lingue storico naturali che prevede che un dato sistema linguistico tende a sviluppare delle strategie comunicative che consentono di comunicare dando il maggior numero di informazioni con il minor sforzo articolatorio e cognitivo) ma cambino soprattutto a causa del contatto interlinguistico, frutto di particolari condizioni storiche, sociali e geopolitiche.

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