Parlando di differenze culturali e del linguaggio, una nostra collega britannica ha recentemente definito i suoi connazionali come un popolo a cui piace lamentarsi (e chi non lo fa di questi tempi?). A dimostrazione di ciò, ci ha mostrato quanto negli ultimi mesi si sia potuto assistere ad un vero e proprio exploit online di blog, community e siti dedicati proprio a questo. “British People Problems“, questo è il nome generalmente attribuito a un qualsiasi spazio web in cui i sentimenti di identità nazionale vengono cementati attraverso lamentele collettive, e uno degli argomenti più in voga pare essere la temuta contaminazione dell’inglese britannico da parte di quello americano.

“I miei amici hanno iniziato a dire pants al posto di trousers.”

Trousers è il termine britannico per pantaloni, pants è la versione US. Non fosse che pants è utilizzato anche in UK, ma significa mutande…

L’influsso del lessico americano nella vita di tutti i giorni in Gran Bretagna si sta rivelando una spina nel fianco per molti inglesi che – così come i francesi, che con l’Academie française fanno di tutto per rifiutare qualsiasi prestito linguistico (specialmente dall’inglese) – si offendono terribilmente nell’udire degli ‘americanismi’ provenire dalla bocca dei loro connazionali.

Ma, è proprio necessario dare in escandescenza per tutto ciò?

Inglese britannico e inglese americano: ai tempi dei primi coloni inglesi in Nord America si trattava della stessa lingua. Eppure, poco più di un secolo dopo, Noah Webster pubblicò il primo dizionario americano, il quale conteneva un elenco di tutte le parole che riteneva necessarie per vivere la quotidianità in America, come ad es.: skunk, puzzola (animale molto diffuso in tutto il Nord America, ma non presente in Europa). Un brillante linguista, il cui scopo era anche quello di rinnovare l’ortografia dell’inglese britannico, che riteneva obsoleta. Molte delle sue riforme ortografiche si sono diffuse, come music anziché musick. Altre, invece, non hanno riscosso il medesimo successo, come il tentativo di modificare lo spelling di women in wimmen (rendendolo più simile alla sua pronuncia). È ovvio, dunque, che i britannici hanno usato per secoli ortografia e parole che sono poi entrate a far parte del lessico comune americano. Non solo: alcune delle parole attualmente rifiutate dagli inglesi poiché considerate troppo “americane” erano, in origine, parole in inglese britannico divenute desuete in UK, ma rimaste popolari negli USA. Parole come candy e diaper possono sembrare la quintessenza dell’American English alle orecchie di chi è abituato a parlare l’inglese europeo, anche se in realtà non sono parole di origine americana!

Una cosa è certa: i prestiti linguistici sono una lama a doppio taglio. Il termine ginger (in contrapposizione a readhead), usato per designare le persone dai capelli rossi, è entrato nel vocabolario americano grazie alla fortunata serie dei romanzi di Harry Potter, scritta da J.K. Rowling. Altre parole, di origini meno ovvie o specifiche, come autumn anziché fall (US), flat al posto di apartment (US), o ancora roundabout invece che traffic circle (US) sono già ben note. Persino alcune delle parole più “rozze” tipicamente inglesi sembrano aver compiuto la traversata dell’Atlantico, incluse espressioni  come bloody, chav e innit.

Diversamente dai britannici, gli americani sembrano godersi l’utilizzo dei loro nuovi prestiti linguistici, il che è probabilmente dovuto allo stereotipo tutto americano per cui qualsiasi cosa sia di origine britannica debba essere automaticamente “sofisticato”.

Mentre il pericolo per il British English sembra essere minimo, è del tutto naturale sentirsi irritati per l’influsso dei prestiti linguistici provenienti dall’estero, specialmente per una nazione orgogliosa del proprio retaggio culturale come l’Inghilterra. Del resto, anche loro ogni tanto fanno confusione – e parlare, per esempio di pants, invece che di trousers, può portare a situazioni decisamente imbarazzanti.

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