Prima di avventurarci nel mondo della sottotitolazione, è necessario fare un breve cenno alla nascita del cinema sonoro e alla conseguente necessità di “dar voce” alle immagini.

Il cinema nacque nel 1895. Fino alla fine degli anni Venti, però, il cinema era muto e le sole immagini dovevano trasmettere l’intero significato della pellicola. In seguito all’invenzione del sonoro, avvenuta tra il 1926 e il 1927 negli Stati Uniti, il pubblico si ritrovò immerso in quello che noi oggi definiamo dicotomia audiovisiva, ossia la doppia attività di fruizione dello spettatore, visiva e auditiva.

Il percorso che portò alla resa sonora dei film fu graduale e partì dal testo scritto. Per intenderci, nel 1903 si decise di affiancare ed intervallare degli intertitoli o didascalie alle immagini in modo da rendere più comprensibile e, di conseguenza, più gradevole la visione. Si trattava di brevi commenti o piccoli dialoghi atti a spiegare e a descrivere meglio la scena proiettata. Questi si possono definire come gli “antenati” dei moderni sottotitoli. Successivamente, la casa cinematografica statunitense Warner Bros si cimentò nel tentativo di sincronizzare colonna sonora e immagini, riuscendo infine a creare una sinergia tra didascalie esplicativo-informative, immagini, musica e brevi dialoghi parlati. Nel 1927, con il film Il cantante di  jazz, la Warner Bros presentò al suo pubblico il primo cinema sonoro sincronizzato.

Nel frattempo, si iniziò a sovrapporre i titoli e non più solo a interporli alle scene, dando vita,  sempre nel 1927, al concetto di sottotitolo.

Con il tempo, ci si rese conto dell’impossibilità di creare dei sottotitoli universali, che fossero adatti a qualunque contesto mediatico, in quanto essi necessitavano (e necessitano tutt’oggi) l’impiego di tecnologie e regole d’inserimento distinte a seconda del media cui sono destinati. Venne dimostrato, infatti, che la percezione e ricezione del messaggio scritto cambia a seconda del mezzo di trasmissione utilizzato. Ad esempio, per leggere i sottotitoli sul grande schermo è necessario il 30% in meno del tempo impiegato a leggere lo stesso testo su un piccolo schermo.

In seguito, con la nascita del formato digitale, quale quello dei DVD, scattò una vera e propria rivoluzione nella produzione dei sottotitoli. Il motivo? La possibilità di poterli sottotitolare in più lingue, fino ad un massimo di 37 e per un totale di 17 gigabyte.

Nasce, così, il concetto di sottotitolo interlinguistico, che viene affiancato al già noto sottotitolo intralinguistico, realizzato nella lingua del testo audiovisivo.

Perciò, a grande richiesta da parte delle case cinematografiche di Hollywood, la produzione dei sottotitoli divenne centralizzata e globale. Iniziò così il boom della digitalizzazione.

Per ridurre le tempistiche e i costi di sottotitolazione si pensò, poi, di utilizzare i cosiddetti template, file base contenenti i sottotitoli in inglese del testo audiovisivo, utilizzati come modelli per creare i sottotitoli nelle altre lingue. Così facendo, il processo venne suddiviso in due fasi principali: il timing e la traduzione. La prima parte è più che altro tecnica e stabilisce tempi fissi e numero fisso di sottotitoli.

Infatti, vi sono  regole e restrizioni fisiche imprescindibili che devono essere rispettate nella realizzazione di sottotitoli, tra cui la la lunghezza delle battute, la loro disposizione e durata sullo schermo. Spesso le scelte traduttive sono determinate proprio da tali restrizioni.

Più nel dettaglio:

  • a seconda della sua lunghezza, il sottotitolo dovrebbe avere una durata minima di un secondo e una durata massima di sei per essere leggibile;
  • l’equivalenza tra il testo scritto e il testo orale può essere rispettata su tre livelli differenti: equivalenza informativa (tutte le informazioni fondamentali alla comprensione devono essere comunicate), semantica (il significato deve essere trasmesso correttamente e coerentemente), comunicativa (gli aspetti prosodici del discorso, come ad esempio l’accento o l’intonazione, devono riflettersi nel testo scritto attraverso l’uso di termini che contengono in sé sfumature di significato altrettanto espressive);
  • nonostante ciò, al termine del lavoro il testo complessivo di un sottotitolo rischia di essere comunque soggetto a una riduzione rispetto all’originale che può variare, in media, tra il 25 e il 50%.
  • La lettura risulta più scorrevole se il testo del sottotitolo è distribuito su una doppia linea, piuttosto che su due linee singole in successione.

Nel corso degli anni, il processo di sottotitolazione ha subito numerose trasformazioni causate dal continuo sviluppo e ammodernamento tecnologico, passando dalle tecniche manuali, fotochimiche e meccaniche all’ormai diffuso fansubbing, in cui traduttori amatoriali sottotitolano film o serie televisive per renderli fruibili a quel melting pot quale è il web.

Il moderno processo di sottotitolazione, generalmente, si divide in queste fasi:

  • Spotting o modello: si tratta della localizzazione dei tempi di entrata e uscita dei sottotitoli sincronizzati con l’audio, facendo attenzione ai cambi di scena e d’ inquadratura.
  • Traduzione/adattamento
  • Simulazione (test di verifica della resa complessiva)
  • Correzione

La funzione dei sottotitoli può essere riassunta in una parola: ausilio. Esso può essere di tipo fisico o linguistico. Linguistico, ovviamente, poiché indispensabile per la ricezione dei contenuti di una pellicola all’estero, mentre per fisico s’intende un aiuto concreto per il pubblico di non udenti.

La sottotitolazione non viene utilizzata solo nell’ambito cinematografico: infatti, è sempre più richiesta anche da aziende e associazioni che vogliono presentarsi e presentare i propri prodotti o servizi attraverso video o filmati multilingue. Nella vasta gamma dei suoi servizi, Studio Moretto Group propone anche la trascrizione e la sottotitolazione di testi audiovisivi in lingua straniera, per rendere i tuoi documenti audiovisivi globali.

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