Traduttore giurato e traduttore giuridico: due concetti ben distinti
Iniziamo con il delineare la figura del “traduttore giurato“, legata al concetto di “asseverazione“, che in Italia si distingue notevolmente da come intesa in altri Paesi europei, anche e soprattutto per il fatto che in Italia la professione del traduttore non è ufficialmente riconosciuta.
In Italia è “giurato” il traduttore che, facendosi carico di ogni responsabilità penale cui potrebbe andare incontro rilasciando false dichiarazioni, giura davanti a un funzionario dell’Ufficio del Giudice di Pace o della Cancelleria di Volontaria Giurisdizione o davanti a notaio “di avere bene e fedelmente adempiuto alle operazioni affidate, al solo scopo di far conoscere la verità”. In altre parole, egli presta giuramento circa la corrispondenza della traduzione all’atto in originale allegato.
Va osservato come in Italia chiunque possa tradurre ed effettuare l’asseverazione, recandosi di persona all’ufficio giudiziario preposto con l’originale (copia autenticata o fotocopia) del documento, la relativa traduzione da asseverare e il verbale di giuramento. Deve inoltre essere munito di documento d’identità in corso di validità ai fini dell’identificazione e di bolli (attualmente del valore di € 16, da applicarsi ogni 4 pagine partendo, ai fini del conteggio, dalla prima facciata) per il pagamento della tassa di cancelleria.
Tale pratica risulta quindi dispendiosa in termini di tempo e di denaro per il cliente, che, oltre alla traduzione, è tenuto a pagare al traduttore anche questo servizio supplettivo (bolli + diritti di asseverazione).
Esiste poi l’albo dei CTU (consulenti tecnici d’ufficio), l’iscrizione al quale è necessaria per svolgere l’attività di periti linguistici del tribunale in veste di assistenti del giudice e che, stragiudizialmente, conferisce all’attività prestata dal traduttore una certa aura di ufficialità.
Capita, infatti, che, essendo in alcuni Paesi europei il traduttore giurato figura ben diversa da quella vigente qui e cioè equivalente a quella di un professionista riconosciuto dallo Stato[1], un committente estero possa chiedere che l’asseverazione venga effettuata da un traduttore “ufficiale”.
Si legge al proposito nella Circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 15.12.1980:
“[…] non esistendo in Italia la figura professionale del traduttore ufficiale, viene di norma richiesta dai Paesi esteri la traduzione da parte di traduttori giurati iscritti all’albo dei Consulenti Tecnici d’Ufficio (CTU) esistenti presso ogni Tribunale. Poiché la decisione di accettare o meno una traduzione giurata/ufficiale/asseverata è del Paese dove il documento deve essere presentato, sarà quindi necessario accertarsi caso per caso se viene accettata anche una traduzione effettuata da altri soggetti.
[omissis] Per traduttori ufficiali devono intendersi tutti coloro in grado di fornire una traduzione ‘ufficiale’ di un testo straniero, e cioè quei soggetti che, particolarmente competenti in lingue straniere, sono in grado di procedere ad una fedele versione del testo originario fornendo ad essa il crisma della ‘ufficialità’ in forza di una preesistente abilitazione (iscrizione agli albi) o mediante successive procedure (es. giuramento)”.
Chi è iscritto all’albo dei CTU del Tribunale di competenza si munisce ‒ secondo la prassi in uso in altri Paesi europei ‒ di un timbro recante nome, cognome e numero di iscrizione, da apporre sulle traduzioni (che, si badi, NON SONO ASSEVERATE e non hanno validità legale), ciò soprattutto nel caso di traduzioni destinate a privati o a persone giuridiche che richiedono una traduzione “ufficiale”.
Per quanto riguarda la procedura da seguire per l’iscrizione all’albo dei CTU e in parte anche per la procedura di asseverazione, esistono differenze a volte sostanziali fra un Tribunale e un altro, che sono diventate persino oggetto di una recente pubblicazione.
Lo specialista: il traduttore giuridico non è per forza traduttore giurato
Il traduttore giuridico, a differenza del traduttore giurato, è un professionista specializzato nella traduzione di testi legali.
Il linguaggio giuridico, altamente specializzato e caratterizzato da una sintassi e da un lessico formali e standardizzati, è generalmente appannaggio di professionisti del settore a causa della sua estrema complessità.
Ecco perché il traduttore giuridico è solitamente in possesso di una laurea in giurisprudenza o di una laurea in traduzione (o titolo analogo), eventualmente accompagnata dalla frequentazione di un corso post-lauream in traduzione giuridica, e di esperienza comprovata nella traduzione di testi di carattere legale (per es. contratti, statuti, sentenze, atti). Notevolmente agevolato nello svolgimento di questo compito è inoltre chi ha svolto pratica in uno studio legale internazionale, acquisendo così familiarità con il linguaggio giuridico e con i meccanismi del diritto.
Il traduttore giuridico, che funge quasi da mediatore interculturale, chiamato a gettare ponti tra sistemi giuridici notevolmente diversi, svolge un ruolo che richiede grande responsabilità e competenza. Come ha osservato Luca Lovisolo in un articolo in rete dal titolo Come diventare traduttore giuridico,
“da una traduzione giuridica possono dipendere valori importanti: la libertà della persona, la riuscita di un affare internazionale, il buon esito di una causa per danni, ma anche il regolare svolgimento di un divorzio, di un’eredità o di un’adozione internazionale”.
Travisare il testo a seguito di una traduzione non corretta può comportare delle conseguenze non volute. Soprattutto nell’ambito della contrattualistica internazionale questo può provocare equivoci e spiacevoli sorprese per le parti impegnate nel rapporto economico.
Il traduttore giuridico, consapevole delle difficoltà poste dalla traduzione giuridica e in possesso di conoscenze linguistiche adeguate oltre che della cultura giuridica di partenza e di arrivo, è in grado di adottare la giusta strategia per affrontare i problemi che via via gli si presentano nella trasposizione di termini fortemente connotati, per i quali il rapporto con il corrispondente concetto non è lo stesso in tutte le lingue.
[1] In alcuni Paesi europei, si pensi per esempio al caso della Germania, per diventare “traduttore giurato”, occorre essere in possesso di un titolo accademico in traduzione e sostenere un esame “di Stato”, al superamento del quale si ottiene la qualifica e l’autorizzazione necessaria a eseguire traduzioni giurate. Successivamente il traduttore può munirsi di un timbro recante un’iscrizione sul cui contenuto è spesso il tribunale stesso a fornire indicazioni.
Alessia V.